29/04/11

Falsi gemelli...

Delle tre grandi religioni monoteiste, Ebraismo e Cristianesimo appaiono collegate l’una all’altra molto più strettamente che non l'Islam. Il termine "tradizione giudaico-cristiana" implica che queste due fedi condividano legami profondi e una lunga storia; al contrario, l'Islam sembra diverso…
 

Sono parole di Daniel Pipes, un noto docente e opinionista conservatore ebreo-americano, che in un vecchio articolo pubblicato sul suo blog (1) affronta il tema delle ‘prossimità’ e delle differenze fra i tre monoteismi, tema che è interessante sviluppare ed approfondire per comprendere meglio i tratti fondamentali dello scontro culturale in atto fra civiltà occidentale e mondo islamico. L’incipit di questo articolo sembra confermare l’opinione che parlare delle radici ‘giudaico-cristiane’ dell’occidente accomuni cristiani ed ebrei in una  interpretazione
condivisa dell’essere umano e dei rapporti sociali, oltre che in una visione religiosa tutto sommato simile. L’Islam invece, ci dice l’autore, nel sentire comune, è vissuto come “l’altro”, il diverso appunto.

In effetti ebrei e cristiani non sembrano vivere in modi differenti all’interno della società moderna di stampo occidentale; al contrario appare evidente una condivisione (almeno teorica) di elementi fondamentali come il rispetto dei diritti umani, la responsabilità giuridica personale, l’importanza della libertà individuale, una sostanziale (o quantomeno apparente) separazione tra vita laica e sensibilità religiosa che viene relegata alla sfera intima e così via.

Tutti temi che conosciamo e che costituiscono l’essenza della modernità come la viviamo quotidianamente in Occidente. A meno di non essere fanatici razzisti non sembra sussistere una vera diversità tra ebrei e cristiani, diversità che rimanda invece ad argomentazioni religiose inerenti il messia o a vecchi rancori ormai desueti o, ancora, a normative alimentari e comportamenti rituali considerati reciprocamente un po’ ridicoli. Le differenze appaiono minime e, non a caso, la persecuzione e lo sterminio nazista spesso sono presentati come atti privi di un senso comprensibile, atti "irrazionali".

Al contrario, ci avverte Pipes, “Nonostante questi punti, ebraismo e cristianesimo differiscono profondamente in termini religiosi; la somiglianza reale è tra Ebraismo e Islam”. E sviluppa un’articolata dimostrazione sul pensiero e sulla prassi che vale la pena di seguire per non incorrere in uno di quegli errori di interpretazione che accadono quando si affrontano culture diverse dalla propria, con strumenti deformati da ideologie pregresse di cui, a volte, nemmeno siamo consapevoli.

Il Giudaismo è stato innanzitutto una religione di Leggi, sin dai tempi mosaici. L'enfasi è stata posta sul vivere in conformità con i precetti che Dio ha trasmesso. Gesù stesso accettò e mantenne le leggi ebraiche, ma  i suoi seguaci le eliminarono completamente dal cristianesimo. Guidati da San Paolo, i primi cristiani hanno sostenuto che con la venuta di Gesù le leggi avevano perso la loro validità. Gesù ha cambiato il rapporto dell'uomo con Dio sostituendo la fede all'amore per l'azione giusta. L’obbedienza religiosa fu interiorizzata. Nonostante le molte modifiche, questo approccio a Dio rimane il messaggio cristiano distintivo”.

L’adeguarsi ossequioso alla codificazione giuridica (il rispetto dello sabbath, il sabato di riposo, meditazione, ma anche di rapporti sessuali, particolarmente raccomandati in questo giorno ‘santo’, la circoncisione - che rappresenta il ‘segno’ biblico dell’Alleanza tra Dio e il “suo” popolo - l’osservanza scrupolosa delle norme di purità in ambito alimentare e sessuale, oltre ad un’ampia casistica di precetti attinenti alla vita sociale, politica ed economica) caratterizzano questa cultura come la ‘religione della Legge’: relativamente all’ebraismo non si dovrebbe parlare infatti di ortodossia - che significa “dottrina corretta” - quanto più esattamente di ortoprassi cioè di “comportamento corretto”.

In questo senso non è sbagliato affermare che la Legge ebraica è sostanzialmente un codice di comportamento che il cristianesimo avrebbe superato a favore di una maggiore interiorità. Sarà opportuno tornare su questo argomento per osservarlo un po’ più da vicino, ma intanto possiamo osservare come l’Islam si pose in continuità proprio con l’ebraismo:

Venuto sei secoli dopo il cristianesimo, l'Islam segue l'approccio ebraico a Dio privilegiando l’importanza delle opere sulla fede. Le leggi religiose ebraiche e musulmane (note come Halakah e Sharia, rispettivamente) differiscono in molti dettagli, ma condividono gran parte dei punti di vista. Entrambi sono codici ampi che toccano varie questioni come le relazioni familiari, il comportamento sociale, le abitudini personali e gli atteggiamenti politici”.

Ed infatti esiste una discrepanza notevole fra la società fondata sulla tradizione cristiana e le altre due culture monoteistiche: “…‘legge’ non è un termine del tutto esatto per descrivere l'Halakah e la Sharia; esse contengono molti precetti non compresi nella giurisdizione del diritto come inteso in Occidente”. Nel mondo occidentale è assolutamente inconcepibile che il sistema giuridico contenga disposizioni su “come lavare, cosa mangiare, dove pregare”, cosa che avviene invece sia nell’ebraismo che nell’Islam.

E’ evidente che il cristianesimo, nel momento della sua prima formazione, operò una scelta. Il rifiuto o, se si preferisce, il superamento della ‘Legge’ ebraica nell’elaborazione paolina coincise con il contemporaneo rifiuto di occuparsi di disposizioni giuridiche inerenti la vita materiale e sociale (escluso, come è noto, il rapporto tra i sessi; quindi matrimonio, sessualità, procreazione, aborto e quant’altro che rimasero di competenza esclusiva della morale religiosa); nell'evangelico “date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”, a parte ogni considerazione di tipo teologico (e fatta salva la successiva invasione del campo profano da parte delle gerarchie ecclesiastiche), è insita la divisione degli ambiti di pertinenza.

Con ciò il cristianesimo prima accettò e più tardi si appropriò del diritto romano, utilizzandolo per quanto concerneva i rapporti sociali, sottoposti così all’interpretazione giuridica “romana”. La religione cristiana sembra perciò ben diversa dagli altri due monoteismi proprio per non avere una originaria precettistica relativa agli aspetti della vita profana.

Il passaggio da ‘cristianesimo’ a ‘cristianità’ (2) ridusse un po’ per un certo periodo - ma la separazione tra vita laica e vita religiosa non è mai sparita del tutto - le differenze fra la religione ‘occidentale’ e le due religioni ‘orientali’ che non avevano mai contemplato alcuna sorta di separazione di campo tra vita materiale e vita spirituale.

Avevano anzi continuato a sottoporre ogni aspetto della vita umana alla supervisione della teologia, in un mutuo interscambio in cui però la primogenitura ebraica ha avuto comunque un suo ruolo storico: “La Halakhah e la Sharia si sono sviluppate seguendo modelli simili (…) In alcuni casi i termini di analisi sono così simili nei due codici che l’influenza diretta della giurisprudenza ebraica su quella islamica sembra probabile (…) la compilazione del Talmud è stata effettuata nel VI secolo (in realtà tra I e VI sec. d.C., NdA) mentre le collezioni degli Hadith non molto tempo dopo, rendendo plausibile un'influenza diretta”.

I tratti specifici dell’ebraismo sopra ricordati (circoncisione, osservanza del sabato e delle norme di purità) furono fatti propri dall’Islam (con la differenza del giorno di riposo e preghiera che fu stabilito nel venerdì) mentre il cristianesimo optava – e vedremo perchè -  per il battesimo e per l’osservanza della domenica (giorno ‘santo’ in cui era raccomandata, altra differenza, l’astinenza sessuale), limitando le norme di purità ad alcune poco rilevanti disposizioni alimentari (digiuni, divieto di mangiare carne in determinate circostanze eccetera) e ad un’unica, rigida precettistica in ambito sessuale che consisteva nel divieto di praticare sesso se non finalizzandolo alla procreazione.

Su questi due temi – battesimo e norme di comportamento sessuale – è necessario soffermarsi per sottolineare la differenza tra il cristianesimo e le altre due forme monoteistiche.

Il battesimo, nonostante ciò che afferma il teologo “sovversivo” Matthew Fox (e con lui Vito Mancuso cui ho dedicato l’articolo “Il ribaltone del ribaltone della teologia” in questo blog), è e resta un rito di purificazione. Purificazione necessaria per “pulire” il neonato dalla colpa originaria. 


Questa è una prima differenza fondamentale: qual è l’essenza della natura umana ? Peccaminosa e colpevole, afferma il cristiano; pura ed esente da peccato dicono ebrei e musulmani. Ciò implica una linea di demarcazione radicale fra cristianesimo da una parte - con la sua definizione dell’essere umano come peccaminoso (e per ciò colpevole) per natura - e dall’altra ebraismo ed islam che definiscono invece la natura umana come originariamente esente da peccaminosità.

Le normative relative alla sessualità sono strettamente connesse al concetto di colpa originaria ed il motivo è facilmente intuibile: che l’istinto sessuale sia connaturato all’essere umano è evidente. Se la sessualità è vissuta come ‘peccaminosa’ è conseguente che anche il peccato sia parte costituitiva della natura umana (3).

Da qui la nota sessuofobia cristiana - che, appunto, si lega al tema del 'peccato originale' - e l’idea opposta di ebraismo ed islam che non considerano affatto la sessualità come atto peccaminoso di per sé (e reso lecito solo dalle finalità procreative) ma, al contrario - fatte salve particolari correnti sessuofobiche e misogine presenti anche in queste culture - come atto ‘sacro’ in grado di avvicinare l’umano al divino.

Riassumendo, i due monoteismi ‘semitici’ sono caratterizzati dal rispetto da parte dell’osservante di una serie di normative che definiscono tutti gli aspetti della vita sia intima che pubblica. La Legge ebraica e la Legge islamica percorrono sostanzialmente lo stesso cammino e nello stesso modo interpretano la vita individuale e sociale a partire dall’affermazione di una originaria assenza di peccaminosità nell’essere umano e nel rapporto carnale tra uomo e donna.

Se ci fermiamo a riflettere quindi sull’ortoprassi giudeo-islamica e sul ‘superamento’ della Legge da parte del cristianesimo paolino, dobbiamo evidenziare che ci troviamo di fronte a due diversi modi di ragionare. Cioè di interpretare il modo d’essere dell’uomo nel mondo: quello ebraico ed islamico in termini di ‘puro/impuro’ (da cui appunto le norme di purità) e quello cristiano in termini di bene/male. E’ sufficiente leggere la versione cristiana della Bibbia per notare che il termine “impuro” viene il più delle volte tradotto con “immondo” che contiene un’evidente forzatura ideologica rispetto alla versione ebraica. Nel termine immondo (che ha a che fare con immondizia) c’è un contenuto di sudicio, sporco, repellente, ributtante assolutamente assente nel concetto di impurità ebraica ed islamica.

Seguire l’evoluzione del termine ‘impuro’ verso il concetto di ‘peccaminoso’ “è un po’ fare la storia del pensiero ebraico e, poi, della sua diversificazione da quello cristiano” (4). E a questo punto, aggiungerei, si potrebbe dire lo stesso anche sulla storia del pensiero islamico e del suo contrasto secolare con la cristianità.

La definizione di ‘impuro’ non presenta le stesse caratteristiche di peccaminosità o di sporcizia con cui il cristianesimo definisce l’impurità. Può essere una trasgressione non rispettare una norma di purità (ad esempio mangiare carne di maiale e in questo caso esiste effettivamente un 'peccato' che deriva appunto dalla trasgressione), ma l’impurità rituale ebraico-islamica definisce lo status in cui l’essere umano si trova “per contatto” oppure anche a seguito di avvenimenti ritenuti eticamente non riprovevoli o addirittura del tutto positivi, come un parto ad esempio. Eppure anche una puerpera si trova in uno stato di impurità. Non di peccaminosità né di trasgressione né di sporcizia. Ma è impura.

Lo stato di impurità è, semplicemente, una dimensione dell’essere da cui ci si deve separare attraverso un rito di purificazione che da ‘impuro’ fa tornare ‘puro’. Non ‘puliti’ né tantomeno ‘perdonati’ o ‘graziati’, ma ‘puri’. Si tratta, nella mentalità ebraico-islamica, di atti di separazione ritenuti necessari per il corretto modo di vivere.

Anche dal sonno ci si sveglia impuri (5).  Che cosa significa allora ‘impuro’ nella terminologia ebraica ed islamica ?

Una definizione particolare dell’impurità nel mondo ebraico antico ci può aiutare: “…non si tratta di togliere lo sporco, ma di ‘neutralizzare’ il sacro in modo che non venga in contatto con ciò che può essere definito il profano (…) Nei riti ebraici ciò che veniva a contatto con il sacrificio diventava ‘impuro’, ossia contraeva parte della sacralità del sacrificio e per riportare l’oggetto all’uso normale era necessario ‘desacralizzare l’oggetto’, ossia purificarlo dal sacro” (6).

Questa è una frase impegnativa che apre uno spiraglio di comprensione di un particolare modo di rapportarsi al sacro. E’ il sacro che contamina, sono i libri sacri che “sporcano le mani” (7), non nel senso che noi diamo al termine ‘sporcare’ ma nel senso, di nuovo, di ‘contaminare’.

Abbiamo allora due diversi ambiti che vanno analizzati: il primo è quello, per molti versi poco comprensibile, della lunga lista di animali definiti impuri nel libro biblico del Levitico (8). Il secondo quello dello status di impurità in cui l’essere umano si trova in quei momenti della vita che abbiamo visto essere permessi, leciti o addirittura molto positivi, ma che comunque comportano impurità.

Non affrontiamo il tema degli animali impuri che porterebbe lontano dal filone principale che interessa sviluppare qui, che è il rapporto tra il profano (cioè ciò che è comprensibile con i cinque sensi) ed il sacro che non è comprensibile con i cinque sensi (9).

Se è il sacro che contamina rendendo impuri, dobbiamo dedurre che nel rapporto sessuale, durante il parto, ma anche durante il sonno, l’essere umano è pensato “in contatto” con una dimensione sacra. Che contamina il soggetto rendendolo impuro. Ecco che si spiega il motivo per cui è necessaria, dopo questi avvenimenti - assolutamente normali - della vita, l’abluzione purificatrice. Si deve tornare allo status di purità per affrontare la vita quotidiana, la vita profana. Ma è necessario anche un rito di purificazione prima di entrare in contatto con il sacro, ad esempio prima di pregare. Quindi dobbiamo chiederci anche cos’è esattamente un rito di purificazione nel momento in cui lo si affronti fuori dalla logica cristiana che è, sempre, mondarsi da una sporcizia spirituale.

L’unica risposta valida sembra essere ‘separazione’. Necessità di separare – quindi di distinguere – il sacro dal profano (10) che rimanda alla netta separazione tra il Dio assolutamente trascendente di ebraismo ed Islam e la materialità umana. Separazione che il cristianesimo, con l’originale idea di incarnazione del divino nell’umano, per un verso rende inesistente, per l'altro - sottolineando la caducità della materia finita a fronte dell'eternità dell'anima spirituale che vi abita - rende la materia, il corpo, un semplice contenitore di quella vera realtà umana che sarebbe l'anima.



Bene, ora abbiamo un ventaglio di elementi culturali che – quantomeno – fanno un po’ di luce sulla prossimità tra ebraismo ed Islam, le due culture della “contaminazione” ed una discretamente chiara distanza ideologica tra ebraismo e cristianesimo, che è la vera cultura dell’etica, del bene e del male.

A fianco della definizione di ‘giudaico-cristiana’ attribuita alla cultura occidentale dovremmo perciò introdurre una denominazione relativamente nuova (e comunque poco diffusa) di cultura giudaico-islamica.  Cristianesimo ed ebraismo sono stati definiti “falsi gemelli” (11) e questa definizione sembra essere ampiamente condivisibile, vista la diversa concezione di fondo dell’essere umano.



Allora, se ebraismo e cristianesimo sono profondamete differenti, che cosa significa esattamente il termine “giudaico-cristiano” che viene usato spesso per definire in sostanza la civiltà occidentale ?

Si può affermare, con sufficiente chiarezza, la possibilità di individuare elementi di continuità ideologica tra correnti apocalittico-messianiche (enochismo, essenismo, qumranesimo) e la corrente giudeo-cristiana dalla quale poi si separerà, rompendo ogni legame con l’ebraismo “della Legge”, il cristianesimo paolino; pur tenendo sempre presente che il mondo giudaico precristiano (il giudaismo del ‘Secondo Tempio’) era un crogiuolo magmatico di non facile decifrazione e tutt’altro che monolitico. Per un approfondimento, in particolare del profondo cambiamento di senso del termine “impuro”, si veda il post titolato Donna e impurità nell’ebraismo e dintorni (12).

Il superamento della categoria del puro/impuro a favore di quella bene/male - cioè passare da un pensiero focalizzato sulla “contaminazione” ad uno centrato sull’etica - sarebbe quindi, alla fine, il punto di divaricazione - interno al mondo ebraico - provocato dall’emergere della cultura apocalittico-messianica, fonte di quella giudaico-cristiana.

Se la realtà umana entra in contatto con un ambito non comprensibile con i cinque sensi (nel rapporto sessuale, nel sonno, con il parto ed in altri avvenimenti della vita) diventa, secondo la tradizione ebraica, “impura”. Ciò che non è più “pura” è quindi la realtà cosciente, contaminata dal mondo non cosciente. Ricordiamoci di togliere a questi termini ‘puro’ e ‘impuro’ il senso negativo che la cultura cristiana vi ha innestato ed avremo uno status dell’essere che è dinamico, che passa senza colpevolizzazioni dal cosciente al non cosciente e che deve affrontare - nel passaggio da uno stato all’altro - solo necessarie separazioni, ché tali sono i riti di purificazione.



NOTE
 
1) http://www.danielpipes.org/160/the-jewish-muslim-connection-traditional-ways-of-life 
Anche la versione tradotta (approssimativamente) in italiano è nel suo sito.  
2) La puntualizzazione si deve a Kierkegaard, a specificare la differenza tra il rapporto intimo tra credente e divinità in contrasto con la Chiesa istituzionale dei dogmi e del potere. Larga parte della sinistra ha poi seguito questa traccia facendo proprio il Cristo ‘proletario’ delle origini ed opponendosi alle gerarchie ecclesiastiche.
3) A questo tema ho dedicato un approfondimento in “Mito e ideologia: il peccato originale”.
4) Paolo Sacchi, Sacro/profano-impuro/puro nella Bibbia e dintorni, Morcelliana, 2007. Ho cercato di chiarire questa evoluzione o involuzione del termine ‘impuro’ in “Donna e impurità nell’ebraismo e dintorni”
5) “Hadath: lo stato di impurità legale minore in cui il fedele si trova dopo aver toccato sensualmente la pelle di una persona, dopo i bisogni corporali, uno svenimento, il sonno, e ovviamente in seguito al contatto con cose o persone considerate impure (…) si rimuove con l’abluzione”, Marcello Perego, Le parole del sufismo: dizionario della spiritualità islamica, Mimesis editore, 1998, p. 87.
6) Deiana, G., Levitico, Ed. Paoline, 2005.
7) Definizione con cui si decise di considerare canonici dell’ebraismo alcuni testi (Qohelet ed Ester) fino ad allora considerati problematici.
8) Levitico, 11,3 e segg.
9) Cfr. Mary Douglas, Purezza e pericolo, il Mulino, 1993 dove si ipotizza che l’impurità di alcuni animali derivi dalla impossibilità di catalogarli con certezza nelle classi di attribuzione, cioè da mancanza di “ordine”; cfr. anche Sacchi P., cit.
10) “(I sacerdoti) insegneranno al mio popolo a distinguere fra sacro e profano; fra impuro e puro gli insegneranno a distinguere” Ezechiele, 44,23.
11) Citazione tratta dal saggio di Mauro Perani, Giudaismo e cristianesimo "falsi gemelli": saggio di antiebraismo teologico e di polemica confessionale antigiudaica. A proposito di due libri recenti di André Paul, contro il risorgente antigiudaismo teologico,  pubblicato in "Rivista Biblica" (it.) 44 (1996), pp. 455-473. Si può aggiungere che il cristianesimo, pur affermando un’assoluta continuità con l’ebraismo, ha sempre rifiutato l’ebraismo ‘rabbinico’ definito ‘eretico’ rispetto alla tradizione biblica.

12) Nel titolo ho volutamente parafrasato il titolo di Paolo Sacchi sopracitato, da cui ho imparato forse poco, per mie incapacità, ma che ho sempre letto con estremo interesse.






Nessun commento:

Posta un commento