Per due millenni ci hanno raccontato che Dio creò l'universo dal nulla,
l'uomo dalla terra, la donna dalla costola dell'uomo e che la natura
umana è originariamente peccaminosa per via di un morso al frutto
proibito.
Non è che ci avevamo creduto davvero, ma la favola biblica è entrata pesantemente a condizionare tutta la cultura occidentale ben al di là di quanto le menti razionali e acculturate abbiano mai sospettato.
Un’intervista di Antonio Gnoli a Carlo Enzo,
pubblicata alla fine di dicembre su Repubblica (potete scaricarla da qui)
- che fa seguito ad un’altra di Romano Màdera sull’Unità nel marzo dello
scorso anno e ad una puntata di Uomini e Profeti che potete ascoltare qui
- ci offre invece la possibilità di valutare due o tre aspetti interessanti sulla cultura in cui siamo immersi (e storicamente sommersi).
Partiamo dall’inizio: chi è Carlo Enzo ? E’ un raffinatissimo e puntiglioso esegeta
di 85 anni, docente di Scienze Bibliche e di Storia della Filosofia
Medievale, autore di molti testi, che ha avuto il merito (secondo
alcuni) o l’insopportabile ardire (secondo altri) di studiare il Tanakh
(cioè la Bibbia ebraica composta dai cinque libri della Torah più i
ventuno libri profetici ed i tredici degli Agiografi) con un metodo
interpretativo strettamente filologico, secondo la tradizione ebraica dell'indagine midrashica
(cioè la ricerca del significato più profondo del testo a partire dalle
ricorrenza dello stesso termine all'interno della scrittura).
Il che lo ha portato - per dirla brevemente - fuori dal seminato.
Cioè ben fuori dalla strada maestra della lettura dogmatica
imposta da Santa Madre Chiesa Cattolica, Apostolica e Romana che
pretende di dirci che cosa c’è davvero scritto nei testi antichi. Cioè
che cosa dobbiamo credere secondo la parola di Dio
che sarebbe scritta in quei testi e che loro - ma solo loro - affermano
di poter interpretare. Potere sublime e inebriante che li ha portati,
nei secoli, alle più ineffabili nefandezze.
Poi arriva uno come Enzo l’esegeta che dice “no, non c’è scritto quello che dite voi”
e allora gli si toglie il microfono (è un episodio realmente avvenuto
durante una lezione quando il Patriarca di Venezia lì presente - il
futuro Papa Luciani, papa di breve durata - gli tolse
la parola bruscamente esclamando “sono cose pazzesche !”). Poi lo si
ostracizza per un quarantennio facendo calare su di lui una cappa di
soffocante silenzio; il classico “tu non esisti”, che
è pur sempre meglio dell’abituale rogo di qualche secolo fa, ma che
consiste tuttavia in un pesante fardello da sopportare per uno studioso
che ha dedicato la vita allo studio degli antichi testi.
Insomma, che avrà detto mai di così terribile da meritare gli strali della nuova Inquisizione ?
"Qualcosa che si discosta da tutto
quello che siamo abituati ad aspettarci da una esegesi, anche da quelle
più ‘nuove’ o ‘rivoluzionarie’”, come scrive Màdera; qualcosa che “smonta ogni valenza cosmologica o naturalistica” delle Sacre Scritture.
Vale a dire che la Bibbia non parla affatto della Creazione del mondo “dal nulla” (come peraltro già ci aveva spiegato Gershom Scholem alcuni
decenni fa) né di un Dio unico e assoluto (come ci raccontano i reperti
archeologici databili al V sec. a.C. in cui si inneggia con disarmante
semplicità a Jahvè e alla sua “compagna” Anat); e non
parla, se non per metafora, della cacciata di Adamo dal giardino
nell’Eden, racconto favolistico già presente nella mitologia sumerica
duemila anni prima di quella biblica.
Qui si parla invece, nelle intenzioni degli estensori biblici (secondo l'interpretazione data da Enzo), di “un uomo chiamato a educare la sua natura umana”.
In altre parole non c’è, nella Bibbia, nemmeno il ‘peccato originale’
(“interpretazione tarda” la definisce l’autore) perché “Adamo inizia il
suo cammino che è polvere e deve farsi per prova ed errori. E questi
ultimi non sono imputabili al peccato originale”.
Tutta l’architettura concettuale cristiana si fonda invece proprio sulla colpa di Adamo che
si trasmetterebbe di generazione in generazione, macchiando l’anima di
ogni singolo nuovo nato e corrompendo così la natura spirituale
dell’intera umanità. Da questa colpa ontologica che contraddistingue
l’umano nel suo rapporto con il divino, deriverebbe la necessità
categorica della Redenzione; quindi di un Redentore e - per la valenza
"assoluta" della colpa - la necessità che l’Assoluto stesso intervenga
tramite l’Incarnazione in un uomo; quindi la Morte e Resurrezione come
necessità di una ‘nuova’ nascita della materia, vivificata
dall’incarnazione. Eccetera.
Tutta la struttura ideologica dell'occidente cristianizzato si fonda insomma su questa pietra angolare del Peccato Originale che, ci dice Carlo Enzo, “non esiste”. Duemila anni di cultura cristiana si fondano su un testo che, in realtà, dice altro.
Ci
sarebbe da rimanere allibiti se non fosse che, effettivamente, pur
senza arrivare alle acutissime vette di ricerca filologica proposte
dallo studioso veneziano, un dubbio ce l’avevamo anche noi da tempo.
Per il semplice fatto che il libro della Genesi - dopo la trasgressione
di Adamo e l’omicido di Caino - in immediata sequenza ci racconta,
anche nella versione in italiano che conosciamo con tanto di imprimatur
della CEI, che Dio si accorge delle peccaminosità e corruzione
dell’umanità e decide di intervenire nella storia con il Diluvio (Gen. 6).
Cioè
lavò via l’acqua sporca dell’umanità corrotta salvando però il bambino
dell’uomo “giusto”: quel Noè che, evidentemente, non aveva ereditato né
la colpa di Adamo né la cattiveria di Caino. E con l’umanità successiva
Dio stabilisce perciò la sua Alleanza (che non è
l’alleanza con il popolo ebraico, quella viene dopo), simbolizzata
dall’arcobaleno apparso fra le nubi alla fine del diluvio.
Perché
mai dunque, per duemila anni ogni neonato è stato battezzato per
lavargli via la colpa di Adamo che gli macchiava l’anima ? Perché mai
la natura umana per venti secoli è stata considerata originariamente
peccaminosa e corrotta ? Possibile che Dio sia stato un pasticcione incapace
che quando decide di intervenire nella Storia fa un disastro epocale
(biblico, è il caso di dirlo) senza riuscire a risolvere il problema
che voleva affrontare ?
Ebbene sì. Il dogmatismo cristiano sembra
proprio dire questo (salvo poi parlare di 'onnipotenza' divina) e il
nostro antico dubbio oggi viene confermato da un raffinatissimo esegeta
che ci dice che il “peccato originale” non esiste; è
un’interpretazione tarda di qualcuno che ha voluto scoprire nel testo
quello che la sua mente contorta e perversa ci voleva scoprire: la
natura umana è originariamente peccaminosa, siamo tutti peccatori. Io
direi più il Paolo di Tarso dell'Epistola ai Romani, piuttosto che Agostino come afferma il biblista, ma questo è forse un dibattito minore.
Così
gli ebrei, che hanno conservato per duemila anni la ‘loro’ lettura
della Torah, hanno vissuto per la maggior parte all’interno dei confini
della Cristianità, resistendo al Cristianesimo e alle deformazioni
interpretative delle loro Scritture. Resistendo in particolare
all’ideologia del Peccato Originale che afferma la naturale perversità
umana.
Lo afferma anche il biblista di Venezia in un suo
libro,"Il progetto di mondo e di uomo delle generazioni di Israele",
citando un passo talmudico: "Felice l'uomo la cui ora della morte
somiglia a quella della nascita: così come nasce senza peccato possa anche morire senza peccato".
A Carlo Enzo è stato, per queste sue interpretazioni, riservato un sadico ostracismo durato decenni; quello che si serba per chi rifiuta di chiudere gli occhi e pretende sempre di conoscere.
All’ebraismo invece è stata riservata una prassi persecutoria
di secoli. Culminata settant’anni fa con lo sterminio di sei milioni di
persone colpevoli solo di essere quelle che erano. E, ancora oggi,
proprio nel tempo in cui ricorre la Giornata della Memoria,
ci chiediamo perché questo sia successo. Nessuno sa rispondere alla
vecchia domanda "perché gli ebrei ?" che ritorna con
metodica, ipnotica regolarità ad ogni convegno storico sulla Shoah.
Forse
perché, come Carlo Enzo, la cultura giudaica ha rifiutato i deliranti
dogmi della cristianità sulla natura originariamente peccaminosa degli
esseri umani ? Perché non doveva esistere all'interno dell'Europa cristianizzata una
sola voce dissonante ? una cultura "altra" ? E' stata questa la
diversità ebraica, che doveva scomparire ?
L’azzardatissima ipotesi - spiegare la Shoah con il rifiuto ebraico del “peccato originale”
- aprirebbe innovativi filoni di ricerca storico-culturale, imponendo
di approfondire la gravità terribile del dogma cristiano e della
violenza - non solo psichica - che accompagna la sua ideologia fondante. Una ricerca che non può esimersi dal chiedersi cos'è realmente l'essenza umana; e, con essa, chiedersi qual'è la vera realtà della civiltà occidentale che
tuttora viene chiamata "giudaico-cristiana", con irridente disprezzo
per le vittime che si vedono così affiancate ai loro carnefici nella
denominazione di quella stessa "civiltà" che le ha viste
implacabilmente oppresse.
Ciò aggraverebbe la posizione dell’esegeta veneziano agli occhi di Santa Madre Chiesa che, dopo gli imbarazzanti silenzi di Pio XII sulla
persecuzione nazista, tenta da anni di riciclarsi nel ruolo di attiva
protettrice degli ebrei. Ma avrà dato il suo contribuito ad una ricerca
fondamentale sulla verità della storia e della realtà umana.
Articolo pubblicato su Agoravox con oltre 2000 contatti
http://www.agoravox.it/La-Bibbia-non-dice-quello-che-ci.html
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