07/12/10

Amore, Psiche e gli Angeli Vigilanti

A margine ed in omaggio al nuovo libro di Annamaria Zesi “Storie di Amore e Psiche”.


Nel momento in cui i massimi dirigenti dell’ultrasinistra si scoprono appassionati fan di Paolo di Tarso e sfegatati sostenitori del cristianesimo primitivo, facciamoci una qualche riflessione storica, anche non particolarmente approfondita, sull’origine di alcune caratteristiche specifiche di questa esaltata cristianità. Sappiamo che deriva dal mondo ebraico e dalle mille elaborazioni di un pensiero che si fondava sul concetto di “salvezza”; e, a fronte della ‘salvezza’, ovviamente c’era la colpa, il peccato, la diffusione del male da cui bisognava guardarsi, eccetera. 
Ma mentre gli ebrei tenevano a bada il peccato limitandosi a correggere il comportamento attraverso la scrupolosa (e un bel po’ ossessiva) osservanza di norme e precetti, ad esempio su cosa mangiare e cosa no, ecco che i cristiani (anche quelli primitivi) scoprirono che al di là del comportamento esiste un male congenito, connaturato all’uomo e strettamente legato alla sessualità (anche se lo negano, ma è una finta).


Così alcune caratteristiche del pensiero ebraico risultano ben diverse dalle corrispondenti cristiane: vi si rifiuta il pensiero del ‘peccato originale’ (elaborato proprio da Paolo e poi sancito da Agostino e ribadito dal Concilio di Trento e riaffermato ogni cinque minuti da ogni Papa) dicendo che il neonato è ‘esente da peccato’ (Qohelet Rabbà), cosa peraltro evidenziata dal fatto che un neonato cristiano viene battezzato (cioè sottoposto a rito di purificazione) mentre uno ebreo, ed anche uno islamico, no (al più, se è maschio, viene circonciso, ma questa non è pratica di ‘purificazione’).


Il piacere sessuale non è considerato peccaminoso, ma è anzi un segno della bontà di Dio di cui è lecito godere; e la donna ha diritto alla sua specifica sessualità quanto, e forse più dell’uomo se interpretiamo correttamente i precetti talmudici alla base del diritto matrimoniale ebraico, dove è la donna che può vantare ‘diritti’ coniugali cui l’uomo può solo e deve (è una mitzvà, un precetto) rispondere adeguatamente (o almeno provarci).


Così come è la donna che decide se e quando procreare perchè, nel pensiero ebraico, non si può imporre a nessuno una pratica che può arrecare dolore o morte. Il che, detto in altri termini, significa che una donna sessuata non è vista come ricettacolo del demoniaco, né che lo status femminile preferibile è la dimensione virginale, sia pure materna (e su questo anche l’Islam ha le sue brave idee confuse: crede alla verginità della Madonna).


Bella differenza con il mondo cristiano (ed anche con quello greco-romano). Per non parlare della mistica ebraica medievale dove, come in quella islamica, il rapporto sessuale fra un uomo e una donna ‘avvicina’ al divino, mentre i mistici e le mistiche cristiane, si sa, dovevano arrangiarsi da soli per raggiungere l’estasi (!).


Infine, mettiamoci anche questa: i cristiani vietarono l’interpretazione dei sogni (mi sembra di ricordare che fu papa Gregorio II nell' VIII sec. d.c.) mentre nel Talmud si dice che “un sogno non interpretato è come una lettera non letta” aprendo la strada alla Cabbalà che, anche nel linguaggio popolare, significa appunto dare un significato ai sogni, o (di nuovo) almeno provarci.


Ma se il pensiero ebraico e quello cristiano coabitavano nei tempi antichi ed originavano dalla stessa culla etnico-linguistico-monoteistica, dove e quando hanno preso strade diverse ?


Strano a dirsi troviamo la risposta negli scritti sacri della chiesa copta etiopica dove è diventato canonico un testo, il libro di Enoc, ritenuto apocrifo sia dagli ebrei che (ma con qualche simpatia) dai cristiani. Un libro che costituì il fondamento teologico e ideologico di una corrente giudaico-apocalittica, che si sviluppò intorno al V sec. a.C., “il cui pensiero si distingueva nettamente dal resto della produzione giudaica del suo tempo(1), in aperta opposizione cioè all’ebraismo ‘tradizionale’.
Eccola, la prima ed originaria matrice del pensiero cristiano.


Enoc, non Mosè, è il patriarca di riferimento di questo testo (anzi ‘testi’ al plurale perchè costituito in effetti da cinque ‘libri’ in evidente contrapposizione al pentateuco biblico) e la corrente fu detta appunto ‘enochica’. Come ha affermato uno dei maggiori studiosi dell’apocalittica giudaica “L’enochismo fonda la religiosità moderna, visibile soprattutto nella derivazione cristiana(2). A quella che lega, attraverso cinque secoli, l’ideologia enochica al cristianesimo, si può effettivamente e legittimamente dare il nome di cultura giudaico-cristiana.


Ebbene, mentre nel VI secolo a.C., o giù di lì, i sacerdoti della tradizione mosaica mettevano insieme la Bibbia inserendo l’antico mito di Adamo ed Eva, ma aggiungendo anche una nuova ed originale descrizione della creazione dove di ‘peccato originale’ (ed anche della famosa costola di origine sumera) non c’è traccia (è il primo capitolo della Genesi), ecco che nella parte più antica del testo enochico (il Libro dei Vigilanti), quasi contemporaneamente - o fu proprio un botta e risposta ? - si racconta che il Male, quello serio, quello con la maiuscola, si diffuse nel mondo quando alcuni Angeli, gli Angeli ‘Vigilanti’ appunto, adocchiarono le belle femmine umane e decisero di possederle. Scesero sulla terra e se le presero, avendo da loro figli giganti e devastatori terribili (Dio, poveretto, poi fu costretto a mandare il diluvio per ripulire il tutto e ricominciare daccapo) ed insegnando loro, in cambio, i segreti delle erbe e delle radici.


La trasgressione all’ordine cosmico fra esseri spirituali e femmine mortali, aveva diffuso un’impurità che, a differenza dell’impurità rituale ebraica priva di disvalori etici e giudizi morali, presentava i connotati repellenti della colpa. Angeli caduti e demoniaci e donne affascinanti e stregonesche. C’erano già allora tutti i tratti funesti destinati ad accendere i roghi medievali.
Tradizione mosaica ed enochismo apocalittico presero strade diverse da cui derivarono, dopo qualche secolo ed elaborazioni varie e complesse, l’ebraismo rabbinico ed il cristianesimo; e, soprattutto, le loro radicali differenze ideologiche e culturali sull’uomo e sulla donna, sulla nascita e sul sesso, sull’impurità e sulla colpa, sul peccato e sulla salvezza.

Se poi ne abbiamo voglia possiamo anche osservare che di angeli che si uniscono alle donne non ce ne sono poi molti nei racconti antichi. Immaginiamo il corpo sessuato di un uomo dotato del suo bel paio di ali d’ordinanza ed una seducente giovane donna dalle linee morbide. Non l’aveva pensata così anche Apuleio quando raccontava l’amore fra un dio e una fanciulla ? O Canova nelle sue opere d’arte ? E se l’origine più arcaica e recondita del pensiero giudaico-cristiano - riproposto oggi da certa sinistra - fosse proprio, storicamente, una brutale, violenta negazione della dolce storia di Amore e Psiche delle cui origini antiche parla il bel libro di Annamaria Zesi (3) pubblicato proprio in questi giorni ?  




Sull'Apocalittica giudaica cfr. anche altri post di questo blog: "Donna e impurità nell'ebraismo e dintorni" e "Mito e ideologia: il peccato originale". Per ipotesi di ricerca più azzardate sull'origine dell'idea di un "incontro" fra angeli e donne - anche "Pensieri Persiani".

Dicembre 2010

Note

 1) Paolo Sacchi, L’apocalittica giudaica e la sua storia. Anche la datazione proposta è di Sacchi.
 2) P. Sacchi, Il problema “apocalittica”, pubblicato in «Credereoggi» XIV, LXXX, 1994.
 3) A. Zesi, Storie di Amore e Psiche, L’Asino d’oro edizioni, 2010

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