08/09/10

Lilith: la 'prima Eva'

L’immagine di Lilith è sicuramente molto antica dato che la si fa comunemente risalire al mondo sumero dove era considerata il demone del vento del sud; vento caldo che, nella bassa Mesopotamia, era portatore di malattie e morte...


I numerosi demoni, gli ‘spiriti nocivi’ in genere, avevano vari ruoli e, fra di essi, Lilith era quella che sceglieva le sue vittime fra gli uomini, mentre il suo omologo maschile, Lilitu, si occupava delle giovani donne, turbandone i sogni; altri demoni mettevano in pericolo le partorienti e i neonati come Lamashtu, contro cui sono giunte fino a noi formule d’incantesimo in assiro.

Di altri demoni femminili alati si diceva che strangolassero i bambini, come è scritto in varie iscrizioni paleo-ebraiche e cananee del VIII-VII sec. a.C.
Il demone entra così in tempi antichi, non facilmente individuabili, nella tradizione popolare ebraica, forse a rappresentare, nei suoi aspetti lussuriosi i costumi delle donne cananee, ma l’ipotesi apparirebbe in contrasto con alcuni episodi biblici che affermano una certa “licenziosità” femminile anche in ambito ebraico. In ogni caso, Lilith finì con l’assommare in sé, nella tradizione giudaica, le caratteristiche perniciose delle varie figure demoniache preesistenti, in un sincretismo tra culture che sta al fondo della religiosità e della mitologia ebraica: dalla morte dei neonati ai pericoli per la donna partoriente fino alle turbolenze erotiche dei sogni maschili, le cui polluzioni notturne si credeva che generassero miriadi di nuovi demoni; di Lilith si diceva che arrivasse anche a prendere le sembianze della legittima moglie per approfittare di amplessi rubati. Contro tutti questi pericoli il popolo usava amuleti e scongiuri atti a tenerla lontana dalle case, dalla culla dei bambini o dal letto coniugale.
Ma “... le tradizioni riguardanti il demone femmina che minaccia le partorienti e assume molti aspetti e molti nomi sono distinte dalla tradizione esplicita relativa a Lilith, documentata nel Talmud(1)

Altra cosa cioè, concettualmente diversa dal demone sumero, è l’idea della "prima donna" di Adamo, precedente ad Eva, che certo non esisteva nella mitologia mesopotamica, per il semplice fatto che Adamo è figura della mitologia ebraica, non di culture precedenti.
La sintesi tra il racconto della ‘prima donna’ e l’antico mito demoniaco avvenne molto più tardi, nel mondo cabalistico medievale, anche se pare che abbia “… paralleli nella letteratura cristiana dei tempi bizantini (che probabilmente la precedettero) e di periodi successivi(2).

Nell’Alfabeto di Ben Sira, opera di un anonimo ebreo spagnolo del IX o X sec. d.C., il giovane  Yeshua Ben Sira racconta ventidue storie (tante quante le lettere dell’alfabeto ebraico) al re babilonese Nebuchadnezzar. Nella quinta storia gli parla di Lilith descrivendone la creazione paritaria a quella dell’uomo e la sua ribellione “io non voglio sdraiarmi sotto”, cui Adamo immediatamente rispose “e io non voglio stare sotto a te, ma solo sopra. Perché tu sei fatta per stare sotto, mentre io per essere quello superiore”, accennando così ad una gerarchia di valori, simbolicamente rappresentata dalla posizione fisica nell’amplesso.
Questo è il punto in cui lei, dimostrando di comprendere appieno il significato di quello che l’uomo le diceva, si oppose mettendo perfettamente a fuoco il problema cruciale, cioè rivendicano pari dignità di ‘nascita’: “noi siamo uguali dal momento che siamo stati entrambi creati dalla terra”. Secondo l’autore, lo “stare sotto”, passiva accettazione del dominio maschile, non era cosa per lei che rivendicando, appunto, una nascita paritaria rispetto a quella dell'uomo, reclamava anche pari diritti.
Alla fine, furibonda, Lilith se ne andò sbattendo la porta dell’Eden e ribellandosi anche all’Onnipotente che aveva mandato alcuni angeli a riprenderla. Per questo, raccontò l’autore, per questa ribellione a Dio e all’uomo (che nel racconto si era rivolto piagnucolando a Dio “Signore dell’Universo, la donna che mi hai dato è corsa via!”) era diventata un demone e tale era rimasta nella tradizione ebraica, per passare poi “…anche nella demonologia araba, dove Lilith è conosciuta come Karina, Tabi’a, o la madre degli infanti(3).

L’antico mito della demonologia sumera era stato così fuso con il racconto specificamente ebraico della ‘prima donna’. Nella mentalità di un ebreo sefardita della Spagna medievale la questione probabilmente era: perchè questa prima donna, chiunque fosse, era così sparita nel nulla ? E poteva mai sparire se non per volere di Dio ? E perchè mai Dio l'avrebbe fatta sparire per poi sostituirla con una seconda donna, anche se la trasgressione prima, il "peccato originale", non era ancora stata compiuta ? C'era quindi un' altra colpa che aveva provocato una precedente espulsione ? A queste domande, in bilico tra il filosofico e il teologico, solo l'immagine di un demone, peraltro già esistente nella cultura ebraica da secoli, rispondeva in qualche modo: era un essere non mortale perchè non coinvolto nella cacciata dall' Eden; si era ribellato all'uomo e per questo era stato sostituito; se era un demone doveva essersi opposto a Dio e per questo era stato cacciato. Non era spiegato perchè la sua sparizione o cacciata fosse inesistente nelle Sacre Scritture, ma l'essenza di una femminilità seducente, misteriosa e pericolosa forse lo sconosciuto autore l'aveva intuita, e tanto bastava per immaginare che prima della sposa sottomessa e ubbidiente (e penitente) doveva essere esistito altro. O, forse, si poteva intuire che trovandosi davanti un arrogante e presuntuoso come Adamo, la femmina non avrebbe potuto fare altro che diventare furibonda. Lilith sarà anche un demone, ma, insomma, il primo "lui" non era certo un dio dell'amore !

Lilith ormai era stata nominata: con questo testo cominciò finalmente ad esistere, per quanto demonizzata, un’immagine femminile, tormentante e tormentata, ma mai coinvolta nella drammatica parabola della tentazione, della colpa e della punizione. Mai coinvolta cioè nel peccato originale, mito fondante della cristianità.
La mirabile fantasia dell’anonimo autore aveva creato un’immagine femminile, autonoma e ribelle, orgogliosa e superba, dannata ma irresistibile, che oggi potremmo definire solo come l' “Eterno Femminino” o, quantomeno, il suo lato oscuro. Un'immagine notturna e pericolosa, destinata a simboleggiare il lato inquietante del femminile, come le sue epigoni dei secoli successivi, le streghe. Aveva preso forma e vita un’immagine diversa dalla trionfante coppia Eva/Madonna, la drammatica immagine speculare di donna-colpevole e di donna-riscattata (ma riscattata a costo della perdita di ogni specifica identità sessuale). Qui non c'è colpa e non c'è riscatto. Qui c'è solo la ribellione dura e intransigente, cruenta e terrificante di un femminile umiliato ed oppresso, che subisce solo violenza e sopraffazione, ma che non sa trovare rifiuti creativi, capacità trasformative di sé e dell'uomo.

E' comunque interessante chiedersi perchè mai, da secoli, i sapienti ebrei si ponessero la domanda su chi fosse in realtà la prima donna di Adamo. In un certo numero di commenti rabbinici databili ai primi secoli d.C. si parla esplicitamente di una 'prima Eva' senza mai darle un nome proprio. Si diceva che ella fosse tornata alla polvere o anche che Adamo di fosse disgustato di lei, per averla vista ricoperta di sangue e secrezioni... ma da dove nasceva questa domanda ? Perché i rabbini del V-VI secolo d.C. si chiedevano chi fosse la prima donna ? Che cosa aveva determinato in loro la certezza che prima di Eva fosse esistita un'altra ? Era il richiamo perduto di miti che si perdevano nelle nebbie della preistoria, immagini ancestrali o c'era qualcosa di più concreto nella loro cultura cui fare riferimento ?


La risposta è più semplice di quanto si creda: perché nella Bibbia, nel libro della Genesi che tratta dell'origine del mondo e degli esseri viventi, la creazione dell’uomo e della donna è raccontata due volte e in due modi differenti.
E se la seconda donna (descritta cioè nel secondo capitolo del libro), nata dalla costola dell’uomo, era nominata come Eva, ecco che veniva a porsi il problema su chi poteva mai essere la prima donna (quella del primo capitolo), senza un nome e creata insieme all’uomo, nello stesso momento e con lo stesso atto creativo.
L’esegesi biblica, soprattutto cristiana, ha poi tentato di occultare o spiegare teologicamente le differenze, lo “status naturae integrae”, lo stato di natura integra prima e lo “status naturae lapsae”, o decaduta, poi. Ma la verità è che le fonti originarie dei due racconti sono diverse e molto lontane nel tempo, così come nella mentalità.

La cosiddetta “ipotesi documentaria”, cioè il metodo di interpretazione storico-critica della Bibbia, ha definito, a partire dall’analisi strutturale del racconto, le varie parti del testo che sono state individuate e attribuite alle ‘fonti’ originarie, cioè ai vari autori che in epoche diverse hanno contribuito alla creazione di una tradizione scritta e orale, composta alla fine in un unico testo. I vari libri, i capitoli, a volte anche semplici frasi, si trovano interpolati nello sviluppo del racconto, che, per queste interpolazioni, presenta ripetizioni o doppie versioni e risulta a tratti incoerente, contraddittorio se non addirittura incomprensibile. La corretta attribuzione alle varie fonti permette al contrario di individuare l’ideologia, ancor più che la teologia, che le varie componenti della società ebraica antica hanno apportato nel corso dei secoli.
 
In particolare sappiamo coesistere nei primi capitoli della Genesi due fonti riconosciute, quella detta “J”, da Jahwista, datata al X-IX secolo a.C. (4) e quella Sacerdotale (chiamata “P” da Priestercodex), datata al VI secolo a.C.: i capitoli 2 (dal verso 5), 3 e 4 della Genesi sono attribuiti allo Jahwista e fanno perciò parte della tradizione più antica dell’ebraismo, tramandata forse per via orale fino alla stesura completa della Bibbia (avvenuta attorno al VI secolo a.C. probabilmente in Babilonia). I capitoli 1, 2 (fino al verso 4) e 5 alla fonte Sacerdotale, del VI sec. a.C.
In altri termini il secondo capitolo della Genesi di fonte Jahwista è di alcuni secoli precedente il primo capitolo di fonte Sacerdotale. Ed è fra questi due testi che si intuisce una dialettica ideologica conflittuale.
In Genesi 1, fonte Sacerdotale, leggiamo che Dio portò a compimento l’opera della creazione in sei giorni. La creazione dell’uomo è descritta sinteticamente: (Gen. 1, 27) “Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò (1, 28) Dio li benedisse e disse loro: ‘Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra’ (1, 29) Poi Dio disse: ‘Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo (…) (1, 31) Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno”. Poi, come si sa, si riposò.


A questo punto, come se fino a qui si fosse parlato d’altro, si ricomincia daccapo con l’inizio del racconto Jahwista (Gen. 2,5): dopo la creazione dell’uomo dalla polvere, si descrive la creazione di un giardino in Eden, con piante da frutto, fra cui quello proibito della conoscenza del bene e del male; poi, dalla costola dell’uomo fu tratta la donna. Adamo nel vederla esclamò “questa volta essa è carne della mia carne, ossa delle mie ossa”, confermando con il "questa volta" il dubbio che ci fosse stata una qualche "volta" precedente. Infine sappiamo della tentazione, caduta, condanna e punizione (Gen. 3) di Adamo e di Eva. 
Il testo Jahwista parla anche, in Genesi 4, della drammatica storia di Caino e Abele e dopo la morte di questi, ci racconta che Adamo “si unì di nuovo alla moglie, che partorì un figlio e lo chiamò Set. Perché - disse - Dio mi ha concesso un'altra discendenza al posto di Abele, poiché Caino l'ha ucciso”.
Ma con Genesi 5, torna di nuovo la Fonte Sacerdotale che sembra voler riprendere il racconto dall’inizio, a partire dalla creazione simultanea di uomo e donna per raccontare poi della genealogia di Adamo, omettendo però qualsiasi riferimento a Caino e Abele e al loro scontro: “Questo è il libro della genealogia di Adamo. Quando Dio creò l'uomo, lo fece a somiglianza di Dio; maschio e femmina li creò, li benedisse e li chiamò uomini quando furono creati. Adamo aveva centotrenta anni quando generò a sua immagine, a sua somiglianza, un figlio e lo chiamò Set”. Il poco conosciuto Set risulterebbe il primo figlio di Adamo e di…? A questo punto non è più chiaro chi fosse la madre di Set. Eva o l' Innominata creata precedentemente insieme all'uomo ?

L’ ideologia Sacerdotale, la corrente maggioritaria all’interno della società ebraica precristiana, portò in sintesi un’innovazione fondamentale: non parlava della violenza di Caino e della morte di Abele, non parlava di frutti proibiti, anzi ogni frutto è cibo per gli uomini, né di minacciose imposizioni; non parlava di serpenti tentatori e di cedimenti, così come non parlava della costola di Adamo, usata per dare la vita ad Eva, ma di una creazione simultanea, dalla stessa terra, dalla stessa materia, dell’uomo e della donna che, dopo la creazione, insieme, riflettevano l’immagine divina.
Fu dunque questo essere umano, un unico uomo/donna, ad essere chiamato con il nome di ha-‘adam (umanità); segno evidente che questa ideologia voleva affermare una sua originale specificità, diversa, alternativa, per non dire addirittura contrapposta, a quella della tradizione Jahwista.

Questa nuova versione insomma riconoscerebbe alla dimensione femminile uguale dignità “di nascita” rispetto a quella maschile: in questi termini venne letta dai Rabbini e dai Maestri delle correnti mistiche dell’ebraismo: anche nello Zohar, il testo sacro per eccellenza della Qabbalah, si afferma infatti “il vincolo dell’unione tra il maschio e la femmina è il segreto della vera fede”,  facendo seguito all’idea che l’uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio, che è Uno; e quando l’uomo può dirsi Uno? solo quando è unito alla donna: “… (Dio) colma di benedizioni solamente il luogo in cui il maschio e la femmina sono congiunti. La Scrittura dice, infatti: li benedisse e diede loro il nome di Adamo ('Adam); non dice: lo benedisse e gli diede il nome di Adamo, in quanto Dio benedice soltanto quando il maschio e la femmina sono uniti. Il maschio da solo, fino a quando non è unito alla donna, non merita neanche il nome di uomo; ecco, allora, le parole della Scrittura: ed Egli diede loro il nome di uomo(5). Il riferimento è chiaramente al primo capitolo della Genesi di fonte Sacerdotale.


Le evidenti assonanze al mito greco dell’androgino permisero poi ai Maestri del Talmud, fin dal I secolo d.C., di proporre l’idea che la separazione dell’essere primordiale in uomo e donna fosse stata voluta da Dio proprio per permettere l’emergere dell’attrazione e quindi dell’incontro fisico, in contrasto con il mito platonico nel quale la separazione era una punizione per l’arroganza dell’ androgino nei confronti degli dei.
Questo rapportarsi medievale alla fonte Sacerdotale indica chiaramente che questa era l’ideologia prevalente nell’ebraismo, in contrasto con l’ideologia cristiana che si è sempre rapportata invece al racconto di fonte Jahwista: per la Chiesa cattolica, “…il contesto più prossimo alle altre parole di Cristo (…) è il cosiddetto secondo racconto della creazione dell’uomo (Gen 2,5-25), ma indirettamente è tutto il terzo capitolo della Genesi(6).

Le differenze sostanziali fra versione Sacerdotale e versione Jahwista ruotavano in sintesi sull’origine della donna (e quindi sulla scala di valori gerarchici che si volevano leggere nella sua origine stessa) e dell’umanità. Più specificamente sul concetto di trasmissibilità della colpa. Se si può leggere in alcuni passi biblici che Dio punisce "le colpe dei padri nei figli fino alla terza generazione" (Deuteronomio 5, 9), con l' ideologia Sacerdotale viene esplicitamente detto "Non si metteranno a morte i padri per una colpa dei figli, nè i figli per una colpa dei padri; ognuno sarà messo a morte per il proprio peccato" (Deuteronomio 24, 16). Quindi non si approfondisce tanto il mito della caduta in sé, quanto la trasmissibilità della colpa o, al contrario, la responsabilità personale della stessa. Questo era il punto attorno al quale ruotava lo scontro ideologico.


Infatti, gli studiosi ci dicono che nei mille anni di pensiero ebraico precedenti il cristianesimo non c’è traccia di alcun interesse, né di elaborazioni o riflessioni, inerenti il tema di Adamo ed Eva. In una cultura sostanzialmente fondata sulla parola, sul commento e sull’ interpretazione, questa assenza ha un senso culturale preciso: “Adamo non è una figura importante nell’Antico Testamento; i profeti lo ignorano (…) Nel Nuovo Testamento Gesù stesso non si riferisce mai a questo racconto; egli prende l’esistenza del male come un fatto (…) È san Paolo che ha tratto il tema adamitico dal suo letargo (…) La figura di Adamo (…) è stata personificata sul modello di quella del Cristo alla quale fa da contrasto" (7). Ricordiamo infatti “…Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire(8).

L’antico mito di perdute origine sumere, acquisito dalla cultura ebraica dieci secoli prima di Cristo, non aveva mai avuto alcuna importanza, nessuna delle correnti ebraiche vi si riferiva: “…il peccato originale non ha alcun ruolo nelle scritture ebraiche al di fuori di Genesi 2-3. Solo in opere tarde e rimaste al di fuori del canone ebraico (Siracide e Sapienza n.d.A.) il peccato di Adamo ha la funzione ‘fondante’ che avrà poi in Paolo di Tarso(9).


Nel mondo ebraico del VI sec. a.C. lo scontro culturale aveva gettato le basi per una diversificazione tra quello che oggi conosciamo come ‘ebraismo’ - la cui ideologia si richiamava alla fonte Sacerdotale  - e le correnti minoritarie che, alla fine, confluirono nell’alveo cristiano che esse stesse avevano contribuito a generare; ma che non si fondavano - nemmeno loro - sull’ideologia Jahwista del peccato originale, bensì su tutt’altra mitologia (di cui scriverò in un post specifico sull' Apocalittica Giudaica di prossima pubblicazione) che, comunque, alla fine di un lungo e articolato percorso, arrivò alle stesse conclusioni della cristianità, come recita un manoscritto trovato nelle grotte di Qumran: “Quale creatura d'argilla può fare miracoli? Fin dall'utero è nel peccato e fino alla vecchiaia nella colpevole iniquità(10). L' essere umano è colpevole "fin dall'utero": siamo ormai molto vicini all'ideologia cristiana.
Quando il cristianesimo fece la sua comparsa, originato dalle correnti del giudaismo apocalittico e da quelle filosofeggianti del mondo giudaico-ellenistico, lo scontro divenne radicale ed investì, fra gli altri, due degli aspetti che ci interessano particolarmente nell'ambito di questa ricerca: “…nella concezione cristiana, è la negazione della dimensione sessuale a essere vista come positiva (…) l’ebraismo combatte contro l’idea che astenersi dai rapporti sessuali porti alla purità (…) Storicamente la reazione ebraica alla concezione cristiana della sessualità e del peccato originale che ne è alla base, non consistette in una sua negazione diretta, ma sfociò piuttosto nella creazione di un apparato normativo diverso(11).

L'apparato normativo diverso concerne un precetto, tuttora valido nella normativa ebraica sul matrimonio, che affermava il diritto della donna a soddisfacenti rapporti sessuali; l’uomo non poteva che rispondere positivamente alla richiesta femminile ed aveva l'obbligo di impegnarsi nell’atto. L'incontro sessuale non era però obbligatoriamente finalizzato alla procreazione, come nella cultura cristiana, perchè la donna aveva il diritto - ma non il dovere - di procreare.
Se nel panorama religioso e culturale creatosi con lo sviluppo del cristianesimo si può effettivamente parlare di una femminilità completamente annullata nell’immagine della madre-vergine, nel mondo ebraico si era formata l’idea che la specifica identità sessuale femminile potesse e dovesse essere accettata e riconosciuta socialmente. Se la cristianità imponeva l’ideologia che l’essere umano è malvagio perché tale è la sua stessa natura originaria, nel mondo ebraico si affermò il concetto che l’uomo nasce puro: “Felice l’uomo la cui ora della morte è come quella della nascita: così come alla sua nascita è esente da peccato, così alla sua morte possa essere esente da peccato(12). Concetto che anche l’Islam, come si sa, ha fatto proprio.

Ecco come, dietro l’immagine di Lilith, in controluce si può intravedere il conflitto epocale che ha opposto il mondo occidentale greco-latino cristianizzato da quello semitico ebraico-islamico: gli ebrei saranno perseguitati e sterminati e l’Islam sempre ferocemente combattuto. Al fondo le differenze concernevano anche (o forse soprattutto) l'idea del femminile, sessuata o madre-vergine, e, più ampiamente, l'idea della natura originaria dell'essere umano. Un vero e proprio 'conflitto di civiltà'.




dicembre 2009

Note


1) Gershom Sholem, La Cabala
2) G. Scholem, cit.
3) G. Scholem, cit. 
4) Le datazioni bibliche sono tuttora controverse, adotto qui quelle proposte, e ampiamente condivise, da Mons. G. Ravasi 
5) Moshe de Leon, Sefer ha-Zohar
6) Giovanni Paolo II, udienza generale del 12 settembre 1979 
7) Paul Ricoeur, Finitudine e colpa
8) Paolo di Tarso, Epistola ai Romani, 5 
9) Caterina Moro, La Bibbia ebraica come fonte di storia dell'ideologia 
10) Inni di Qumran, Preghiera dell'angoscia e fiducia in Dio, 1QH, Coll. XII, 5, 40. La comunità di Qumran era probabilmente una setta scismatica della corrente essenica.
11) Giuseppe Laras, L' amore nel pensiero ebraico 
12)  Midrash Qohelet Rabbà, cap. III, v. 2

2 commenti:

  1. le due mogli di Adamo corrispondono anche a ciò che dice don Guido BORTOLUZZI

    RispondiElimina
  2. le due mogli di Adamo corrispondono anche a ciò che dice don Guido BORTOLUZZI

    RispondiElimina