07/09/10

Rapporto uomo-donna nell'ebraismo antico e medievale

E’ poco conosciuta, abbastanza sorprendente e tutta da interpretare la visione della sessualità che caratterizza alcune correnti dell’ebraismo...


Ne fa fede un affascinante ed originale “pamphlet” scritto probabilmente alla fine del XIII secolo ed attribuito al cabbalista castigliano Yosef Giqatilla.
Chiamato con molti nomi - Iggeret ha-Qodesh (Lettera sulla santità), Sod ha-chibbur (Il segreto dell'unione sessuale), 'Inyan chibbur ha-Adam el ishto (L'unione sessuale dell'uomo con la sua donna) - ebbe una diffusione molto vasta ed una grande risonanza in tutto il mondo ebraico medievale, con un impressionante numero di copie manoscritte e, dopo la metà del XVI secolo, anche molte versioni a stampa.


Ma andiamo con ordine. Fu nel contesto, geografico e culturale, della Spagna islamizzata che Mosè Maimonide, filosofo ebreo, compì un’operazione culturale parallela a quella tentata poco prima dall’arabo Averroè in ambito islamico: cercò di re-interpretare i testi sacri del giudaismo con gli strumenti dell’aristotelismo; operazione contro cui si sollevò la decisa reazione degli ambienti mistici ebraici. 
Il punto focale attorno al quale ruotava lo scontro tra filosofia e misticismo della Qabbalah fu la concezione della sessualità e del femminile. Maimonide infatti definiva il senso del tatto - e per estensione la sessualità fisica - come espressione del livello puramente animale dell’uomo e lodava l’affermazione del filosofo greco che lo definiva 'una vergogna per noi'” (1), trovandosi sostanzialmente in pieno accordo con il contemporaneo mondo cristiano. 

Uno dei più raffinati studiosi della cultura mistica ebraica, Charles Mopsik, afferma: “Conformemente alle sue categorie aristoteliche, Maimonide associa l’uomo alla forma e la donna alla materia; quest’ultima è buona se e quando è dominata e plasmata dalla forma; è solo nella sua mascolinità che l’uomo è simile a Dio e non per la parte femminile della donna. Dunque l’imago Dei è riservata al maschio-forma, anche perché per Maimonide la donna-materia non ha cervello, mentre è solo per l’intelletto posseduto dall’uomo che egli è simile a Dio. In questo senso la donna nel rapporto sessuale non può esprimere alcun desiderio, poiché ciò equivarrebbe ad una grave insubordinazione e ribellione della materia contro la forma! Su questo punto, ossia la concezione del femminino, filosofia e Qabbalah si pongono agli antipodi(2).

E’ quindi contro questi elementi di sessuofobia che l’autore della “Lettera” si scaglia con espressioni anche piuttosto colorite: “…le cose non stanno come pensa e ritiene il rabbi Mosheh (Maimonide) di beata memoria, nella Guida dei Perplessi: qui egli elogia Aristotele per quel che ha detto, e cioè che 'il senso del tatto è un'onta per noi'. Non sia mai. Le cose non stanno affatto come ha detto il greco impuro (…) perciò le parole di quel diavolo d'un greco sono a tal riguardo confutate (...) Dunque, la congiunzione carnale fra l'uomo e la sua donna, se è condotta nel modo giusto, è il segreto dell' edificio del mondo...(3).
 
La conseguenza di una visione non fobica dell’unione sessuale sembrerebbe rendere possibile un rapporto fra uomo e donna indiscutibilmente carnale, ma anche, quantomeno, non violento “…Conviene dunque che egli faccia rilassare sua moglie, che la metta di buon animo, la disponga e la assista con parole gioiose, affinché anche lei sia dedita a pensieri puri e dignitosi. Allora i due saranno insieme nel precetto, perché i loro pensieri saranno una cosa sola… perciò, ogniqualvolta ti unisci carnalmente alla tua donna, non comportarti con leggerezza, non dire cose futili e illusorie, non essere troppo spensierato con lei e non parlare più di tanto di cose da nulla... dovrai dapprima invitarla con parole toccanti e distensive, dovrai metterla di buon umore al fine di legare la tua mente alla sua e la tua intenzione alla sua, dirle parole per un verso invitanti al desiderio, all'unione carnale, all'amore, alla voluttà e alla passione, e per un altro che l' attirino verso il timore del cielo, verso la pietà e la condotta pudica. (...) Nel possederla, non farlo contro la volontà di lei, e non usarle violenza, giacché se l'unione carnale avviene senza tanta passione, senza amore né desiderio, la Shekinah (la Santità) non vi assiste... Parimenti non è opportuno possedere una donna mentre questa dorme, perché così non sussisterebbe mutuo accordo e il pensiero di lei non sarebbe concorde con quello di lui. È bene svegliarla con parole benevole e appassionate, come abbiamo detto(4).
 
Siamo molto, molto lontani da quella sessualità “sporca” come la intende papa Innocenzo III (per intendersi quello che con una mano sterminò i catari e con l’altra benedisse l’ascetico Francesco d’Assisi): “Chi non sa che il rapporto coniugale non avviene senza l’ardore della lussuria, senza il sudiciume del piacere, per cui il seme concepito viene insudiciato e rovinato ?(5).
Ne parliamo con un grande conoscitore della cultura mistica ebraica, il prof. Mauro Perani, docente di Lingua e Letteratura ebraica dell’Università di Bologna.
 
Si intuisce, prima di tutto, una profonda differenza tra il misticismo ebraico e quello cristiano.
Indubbiamente. Per sintetizzare potremmo dire che quello cristiano è un misticismo dell’astensione, dell’ascesi, della spiritualizzazione, mentre quello ebraico è un misticismo della fruizione, del lecito utilizzo da parte dell'essere umano di tutto ciò che a lui è stato dato, corpo compreso. Gershom Sholem, forse il maggiore studioso della Qabbalah, su questo è stato esplicito “L’idea dell’ascesi sessuale non è stata mai considerata dai mistici ebrei un valore religioso(6). La “Lettera sulla santità”
ne è un esempio.

Non c’è quindi l’idea che astenersi dal sesso è un “Bene” da contrapporre al “Male” della carnalità…
Esatto, non c’è il concetto di Male etico, di colpa morale, al contrario dell’interpretazione cristiana. Sempre papa Innocenzo III affermava che "l'atto sessuale è esso stesso così vergognoso da essere intrinsecamente malvagio". Conseguentemente il femminile era visto come attiguo al mondo diabolico e la verginità era ovviamente considerata, e lo è ancora, un valore fra i più elevati dell’essere umano; mentre nell’ebraismo essa è sentita addirittura come una vera e propria maledizione per una donna che muoia vergine senza aver concepito prole.

In alcune parti della Bibbia ebraica ci sono però evidenti segni di misoginia…
Per chiarezza è bene dire che il termine “giudaismo” andrebbe declinato al plurale, perché si sono sviluppate correnti di pensiero parallele, anche molto differenziate e spesso in aperta polemica fra loro. La tradizione apocalittica, verso cui converge quella messianica, era segnata da una evidente sessuofobia ed è da essa che scaturirà poi il cristianesimo; così come misogina era la tradizione più vicina all’ellenismo di Filone Alessandrino o al Chassidismo tedesco, contemporaneo della nostra “Lettera”, ma contrassegnato da un ascetismo per certi versi vicino a quello cristiano.
C'era però anche un filone di pensiero che non ha mai avuto una visione fobica della sessualità, a partire dal Cantico dei Cantici per arrivare al Talmud. In Nedarim 20 si legge: "Tutto quello che l'uomo vuole fare con la sua donna, può farlo”.

Sembra un' affermazione su cui difficilmente si può stendere il velo dell’allegoria come è stato fatto a proposito del Cantico…
Ancora più chiaramente, nel passo dove si dice “Non unirti alla tua donna fino a che lei non abbia avuto le sue secrezioni vaginali”… 

Questo è difficilmente immaginabile nella cultura cristiana...
Si parla di fisicità, ma non solo; nella Lettera si legge: “In sostanza, quando ti accorgerai di essere ben disposto ad accoppiarti, opera in modo che la mente della tua donna sia concorde con la tua, e non aver fretta di soddisfare la tua voglia e di eccitare l'energia, affinché la mente della tua donna si disponga. Introduciti per la via dell'amore e del desiderio, di modo che ella fecondi per prima, affinché il suo seme sia come la materia, e il tuo come la forma, come è detto: se una donna ha fecondato, partorirà un maschio (Levitico XII, 2)”. Qui ci si riferisce alla credenza che se l’orgasmo femminile precede quello maschile nasce un maschio, viceversa una femmina… ma la cosa evidente è il tipo di rapporto fra l’uomo e la donna che viene descritto, la sensibilità verso il corpo femminile che traspare...

Si parla di organi sessuali, unione di corpi, secrezioni: se non esiste un’idea di peccato legata al sesso o di “male” riferita al femminile, come viene interpretata la sessualità nel mondo ebraico ?
Con le eccezioni di cui abbiamo parlato relative all’ebraismo apocalittico possiamo dire che in larga parte del pensiero giudaico si è affermata una visione della sessualità tutta interna alla sfera concettuale del puro e dell’impuro, così come nell’Islam che dall’ebraismo ha preso diversi elementi.
Nella Sura della Giovenca si dice infatti “Le vostre spose per voi sono come un campo. Venite pure al vostro campo come volete(7).


L’interpretazione in termini di Bene e Male è tipica, come dicevo prima, del Giudaismo apocalittico e poi del Cristianesimo; si pensi alla accentuata fobia misogina della Patristica. Nella "Lettera" invece si afferma: “Se dicessimo che la congiunzione carnale è cosa oscena, ne deriverebbe che gli organi della copula sono organi della vergogna. Ma ecco che è stato il Signore benedetto a crearli… Dunque, se gli organi della copula fossero cose oscene, come avrebbe potuto il Signore benedetto creare alcunché di malformato, osceno o difettoso?
Nel mondo giudaico-apocalittico e cristiano l’uomo si avvicina al divino tanto più quanto più si allontana dalla corporeità, mentre nel pensiero mistico ebraico l’unione sessuale, se realizzata nel modo giusto, rende partecipe l’essere umano dell’opera di creazione, esprime la sua immagine divina e “attrae” il divino sulla terra. Nella Lettera infatti si dice “Compiere l'atto carnale non significa perpetuare la specie umana nella sua animalità mortale, ma accrescere la somiglianza con Dio, la divinità dell' uomo”. 


Giulio Busi - nella sua introduzione a "Mistica ebraica" - scrive “Il piacere dell’unione carnale è il godimento del ritorno alle origini, la gioia di una condizione ritrovata…".
Una condizione originaria che filosofi e apocalittici sia cristiani che ebraici non erano più in grado di ri-trovare se per loro il corpo era animalità, il sesso malvagità e il piacere “sudiciume”...
L’intenso piacere sessuale, connesso all’unione fisica, viene invece considerato, in questo ambito, come una prova ulteriore della bontà divina.


E sempre in Nedarim 20, cioè nella parte più antica del Talmud, possiamo leggere “...da cui si vede che da Issachar uscì gente saggia perchè Lea invitò Giacobbe nella sua tenda, e la sua impudenza fu premiata” che, detto in altre parole, significa: nascono figli “saggi” dalle donne che assumono un ruolo attivo nell’invitare l’uomo all’incontro sessuale, con la seduzione e l’attrazione.
Si evidenziano quindi due concetti non trascurabili dell’ebraismo antico: la legittimità, accettata socialmente, di una sessualità “attiva” delle donne (che "l' impudenza" femminile possa perfino essere premiata è pensiero ben raro) e l’idea che possa esistere un’influenza, che oggi diremmo psichica, della madre sul neonato: si ritiene che il figlio possa crescere più “saggio”, termine che ha qui una valenza positiva, perchè la madre è più sessuata, come diretta conseguenza cioè di una sessualità intimamente accettata e vissuta.
Nel frattempo, in alcune espressioni del giudaismo ellenizzato, si andava sviluppando una concezione totalmente diversa: l'ideale di donna diventa la madre-vergine, quella 'pura' perchè non ha conosciuto uomo, il cui modello doveva essere la partenogenesi di una vergine fecondata direttamente dalla divinità.

In effetti nella versione dei Settanta (la traduzione della Bibbia in greco effettuata fra il III° ed il I° secolo a.c. dagli ebrei grecofoni di Alessandra d’Egitto) il termine ebraico ‘almah, giovane donna, venne reso col greco parthènos, vergine...
...all’epoca questo termine non significava tecnicamente “vergine”, ma “ragazza, giovane donna” esattamente come in ebraico. Tuttavia, dopo l’affermarsi sia nel movimento cristiano che in altri movimenti ebraici, come gli Entratiti, di una esaltazione della verginità, considerata condizione più consona al rapporto con Dio, la versione dei Settanta venne riletta come una conferma del valore della verginità. In questo modo si andava compiendo un annullamento della realtà e dell'identità femminile, esaltata nella misura in cui veniva de-sessualizzata a favore dell’ideale di una condizione verginale; linea di pensiero che vide una delle sue più forti affermazioni in quel gruppo ebraico dei discepoli di Rabbi Yeshua di Nazaret che diede origine al cristianesimo...
 
Pensiero che, oltretutto, è una ri-edizione di altri culti più antichi, da cui venne preso anche l’idea del dio incarnatosi in un uomo e risorto dopo la morte...


Intervista raccolta da F. Della Pergola, pubblicata su Quaderni Radicali n. 102, novembre 2008


NOTE

1) Mauro Perani, Ebraismo e sessualità fino alla Lettera sulla santità, Approfondimenti Culturali XXIII.
2) C. Mopsik Lettre sur la sainteté. Le secret de la relation entre l'homme et la femme dans la cabale.
3) Giulio Busi, Elena Loewenthal, Lettera sulla Santità, in Mistica ebraica.
4) Ibid.
5) Innocenzo III,  Commentarium in septem psalmos poenitentiales.
6) Gershom Scholem, Le grandi correnti della mistica ebraica.
7) Corano, Sura 2, 223

CHI E’

Il Professor Mauro Perani è Ordinario di Ebraico presso l’Università di Bologna, Presidente della European Association for Jewish Studies (EAJS: www.eurojewishstudies.org), segretario dell’Associazione Italiana per lo Studio del Giudaismo (AISG: www.aisg.it), direttore del "Progetto Ghenizà Italiana" (www.morasha.it/zehut/mp02_ghenizaitaliana.html) e della rivista “Materia giudaica”.
Laureato in filosofia nel 1975 ed in Storia Orientale nel 1982, ha perfezionato i suoi studi a Gerusalemme.  Ottimo conoscitore della lingua e della cultura ebraica, è autore di molte pubblicazioni ed organizzatore di numerosi convegni internazionali su vari aspetti dell’ebraismo, apprezzati negli ambienti scientifici internazionali. Si è occupato di esegesi ebraica medievale, di Qabbalah, e da diversi anni si è dedicato alla scoperta, alla catalogazione e allo studio di diverse migliaia di manoscritti ebraici medievali rinvenuti negli archivi italiani dove furono riusati come legature nei secoli XVI e XVII. Le sue pubblicazioni sono consultabili nel sito: www.aisg.it > soci > Perani.

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